0. Introduzione
L’elemento
di continuità di questi 150 anni d’Italia unita è il LOCALISMO. I Comuni infatti, sin dall’origine del nostro Paese,
rappresentano la forma di politica più vicina al cittadino e più capace di
interpretare le sue necessità e di soddisfarle. Le comunità sono nate intorno
alle Chiese e ai Municipi e sono cresciute sotto le spinte innovative di
Sindaci che hanno saputo valorizzare il loro territorio.
In un’ottica
di riordino istituzionale, mentre si
continua a discutere dell’abolizione delle Province, di riassetto della
macchina istituzionale, di tagli ai costi della politica e di ottimizzazione
delle risorse, è importante, a nostro avviso, rafforzare il ruolo dei Comuni (che si è molto svuotato negli
ultimi decenni) per renderli nuovamente protagonisti
del territorio e in grado di riappropriarsi della loro autonomia di governo.
1. Una
fotografia dell’Italia, il Paese degli 8000 campanili
Molti
Stati Europei hanno attuato, nel corso del secolo scorso, forti politiche
di riorganizzazione e razionalizzazione
degli enti locali. La Gran Bretagna, ad esempio, è passata, all’inizio
degli anni Settanta, da 2.353
distretti a 596. In Danimarca nel 1967
i Comuni sono stati ridotti da 1.378 a 277. In Belgio, dalle 2.353 unità di
partenza, se ne contano ora 596. La Germania (allora Germania dell’Ovest) balzò
da 14.338 a 8.414. Nel 1971, anche la Francia ridusse di un migliaio di unità i
suoi 37.708 Comuni, ma scelse poi di proseguire attuando forti (ed efficaci)
politiche di intercomunalità.
L’Italia,
fino ad oggi, non si è mai mossa in tal senso. Tutt’altro. Tra il 1931 e il
2007, il numero dei Comuni passò da 7.311 a 8.101 con un incremento di 790
unità. Particolarmente elevato fu l’aumento che si registrò tra il censimento
del 1931 e quello del 1951 (più 499
Comuni). Più ridotto, 246 Comuni, è quello che si verifica nel ventennio successivo pur con punte come quella del 1956 anno nel quale si provvede alla costituzione di ben 31 nuovi Comuni. A partire dal 1972, il ritmo di crescita rallentò notevolmente, con parziali inversioni di tendenza. Dall’inizio del 2011 al 9 ottobre, data di riferimento dell’ultimo censimento, il numero dei Comuni è passato da 8.086 a 8.092. La stragrande maggioranza di essi ha piccole o piccolissime dimensioni: più del 70% conta meno di 5.000 abitanti e ben 1946 Comuni non superano i 1000.
Comuni). Più ridotto, 246 Comuni, è quello che si verifica nel ventennio successivo pur con punte come quella del 1956 anno nel quale si provvede alla costituzione di ben 31 nuovi Comuni. A partire dal 1972, il ritmo di crescita rallentò notevolmente, con parziali inversioni di tendenza. Dall’inizio del 2011 al 9 ottobre, data di riferimento dell’ultimo censimento, il numero dei Comuni è passato da 8.086 a 8.092. La stragrande maggioranza di essi ha piccole o piccolissime dimensioni: più del 70% conta meno di 5.000 abitanti e ben 1946 Comuni non superano i 1000.
2. Tagli
dei trasferimenti, despecializzazione e blocco del turn-over del personale,
patto di stabilità: le mani legate di chi amministra i piccoli Comuni.
Le ultime
manovre finanziarie hanno penalizzato fortemente i Comuni, soprattutto quelli più piccoli. Tra tagli dei trasferimenti diretti e indiretti (Province e Regioni), blocco del turn-over del personale
dipendente (1 nuova assunzione ogni 5 pensionamenti) e vincoli di attivo in
bilancio dettati dal patto di stabilità,
il potere di azione degli amministratori si riduce costantemente. E’ sempre più
difficile mantenere inalterata la qualità di servizi senza aumentare la pressione fiscale, è quasi impossibile finanziare opere pubbliche
che vadano oltre la manutenzione ordinaria. Il personale, sempre più ridotto,
fa fatica ad andare oltre le mansioni ordinarie e non riesce a specializzarsi.
3. Le
Unioni dei comuni: da passaggio propedeutico all’accorpamento a nuovo livello
istituzionale
Un tentativo di rafforzare il potere dei Comuni
mediante la concertazione dei servizi e la collaborazione è stato fatto a
partire dagli anni ’90 con la nascita delle Unioni dei Comuni. Una legge del
1990 [142/90] stabilì infatti, stanziando contributi straordinari, che “in previsione di una loro fusione, due o più
Comuni contermini, appartenenti alla stessa Provincia, ciascuno con popolazione
non superiore a 5.000 abitanti, possono costituire un’unione per l’esercizio di
una pluralità di funzioni o di servizi”. Precisava inoltre il legislatore
che entro dieci anni dalla costituzione
dell’unione si doveva procedere alla fusione; in caso contrario l’unione
veniva sciolta. Tuttavia a questa norma, ne subentrò una successiva (D.L.
18/200) che soppresse l’obbligo della fusione con la conseguente nascita di un quarto livello istituzionale, l’Unione
di Comuni appunto.
La Valle
del Samoggia è stata una delle prime Unioni dei Comuni nate in Italia e, da
circa 10 anni, sperimenta i vantaggi di una gestione associata dei servizi. La nostra Unione ha ormai raggiunto
il massimo della sua estensione possibile e le amministrazioni stanno ora tendendo
a un processo di autoriforma fortemente
rivoluzionario e coraggioso (il primo in Italia per dimensioni), ovvero la
fusione di 5 comuni in uno unico che conterebbe 30.000 abitanti.
4. Le
nostre conclusioni, il nostro contributo
Il processo di fusione dei piccoli comuni, se
diffuso capillarmente su tutto il territorio nazionale può rappresentare una
grande svolta nella gestione di TUTTE le istituzioni. Solo il trasferimento di
tanti servizi a chi li eroga direttamente (i comuni) mediante il rafforzamento
degli stessi può permettere di smontare pezzo per pezzo tutti i macro-organismi
che rappresentano i veri costi della politica e della macchina istituzionale.
Solo snellendo l’amministrazione pubblica e portandola sempre più vicina a
quelli che sono i veri fruitori possiamo cambiare il volto del nostro paese.
Fonti
e spunti bibliografici
Antonio Cortese, La
riduzione del Numero dei Comuni: un tema che meriterebbe maggior attenzione
[Working Paper n. 104/2009 università degli Studi Roma Tre, collana del
Dipartimento di Economia]
Marcello Fedele, Né
uniti né divisi: Le due anime del federalismo all’italiana [Saggini, 2010]
SPISA, Studio di
fattibilità per la fusione dei comuni Bazzano, Castello di Serravalle,
Crespellano, Monteveglio e Savigno [2011]
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